I pesci non esistono
Chi è parente più prossimo di chi?
Sembrerà banale ma tutta la tassonomia moderna potrebbe essere riassunta in questa domanda. Domanda semplice e geniale che una branca della tassonomia cominciò a farsi negli anni Ottanta del Novecento e che alla lunga svelò relazioni molto sorprendenti.
Per esempio che il pipistrello, pur sembrando un roditore alato, ha molto più in comune coi cammelli. O che le balene appartengono alla famiglia degli ungulati, la stessa dei cervi. Gli uccelli sono dinosauri, i funghi, così simili alle piante, in realtà sono parenti stretti degli animali.
Se ci chiedessero di trovare l’intruso tra un dipnoo (grosso pesce dal corpo allungato), un salmone e una mucca, ci verrebbe istintivamente da dire la mucca, visto che gli altri due sono pesci. Ma. Il dipnoo e la mucca hanno un sistema polmonare simile, hanno entrambi l’epiglottide. Il cuore del dipnoo è strutturato più come quello della mucca che quello del salmone.
E così molte creature acquatiche sono imparentate più coi mammiferi che tra di loro.
Considerare i pesci una categoria evolutiva solida è arbitrario, è una categoria che non significa nulla perché non spiega in nessun modo le relazioni evolutive. È come pensare che tutti gli animali che vivono in cima a una montagna siano un solo gruppo evolutivo solo per il fatto di stare in cima a una montagna. In realtà sott’acqua, mimetizzate sotto le loro squame, ci sono il dipnoo e il celacanto, coi polmoni in alto e la coda in basso, potremmo considerarli nostri cugini evolutivi. Ci sono gli squali e le razze con una pelle liscia che sembrerebbero più vicini a noi e invece sono molto più antichi della trota e del salmone, su un piano evolutivo.
La categoria ‘pesci’ cela tutto questo, non considera l’intelligenza, mette l’essere umano in cima alla scala evolutiva e ci fa prendere le distanze. Per intere generazioni il senso della gerarchia e della categorizzazione, che secondo alcuni studiosi sarebbe innato nell’umano, ci sono serviti per orientarci nel Caos, ma questo non significa che le gerarchie esistano, che siano qualcosa di concreto.
Le creature che vivono sott’acqua vedono più colori di noi, sono migliori di noi negli esercizi di memoria, sanno usare gli utensili, distinguono Bach dal blues. Sono dotate di una complessità cognitiva a cui preferiamo non pensare. Pesce è un termine dispregiativo, che usiamo per nascondere la complessità, per metterci a nostro agio, per sentirci più lontani da loro, per continuare a mangiare i nostri cugini evolutivi.
Ordine viene da ordo e descrive la successione regolare dei fili del telaio. Col tempo diventò l’obbedienza a un re, infine si applicò alla natura partendo dal presupposto che si potessero individuare una serie gerarchica di classi.
Se i pesci non esistono quante altre categorie possono cadere? Quante altre cose ignoriamo del mondo? Il nostro mondo, anche nei suoi aspetti apparentemente più semplici, lo conosciamo poco e male. Abbiamo avuto torto in passato e avremo torto in futuro.
L’ordine segreto della vita, la natura abissale delle cose, assomiglia molto più a un disordine che dovremmo guardare con ossequio.
Rivendicare il disordine come un diritto.
Aprire gli occhi sulle verità che si celano dietro i confini che abbiamo tracciato.
Ricordare che dietro ogni regola c’è un re.
Rinunciare ai pesci.
Bibliografia
Jonathan Balcombe, Cosa pensano i pesci. Percezione, coscienza, consapevolezza (Ricca Editore, 2018)
Lulu Miller, I pesci non esistono (ADD Editore 2020)
Credits
image © Bruna Esposito
text © Linda Ronzoni – Direttrice Creativa Il Lazzaretto
Categoria: L'editoriale
Questo articolo è stato scritto da Federico