
Fernando, Pestifero #02
Quello che vedete in quell’angolo, seduto curvo a rigirarsi tra le mani un rocchetto di filo è Ricardo. Ricardo Reis. È un medico. Si autodefinisce latinista e monarchico.
Per protesta si è trasferito in Brasile quando il Portogallo è diventata una Repubblica.
Lì sulla destra, intento a versarsi un bicchiere di Perequita, quello è Alvaro. Di cognome fa Campos. Ha studiato ingegneria navale in Scozia e ha viaggiato moltissimo in Oriente. Lì ha cominciato a fumare l’oppio.
O fuma oppio o beve vino tinto. Credo sia il suo modo per sfuggire alla noia ma non ne parla.
Sospetto possa avere tendenze omosessuali e che possa essere innamorato di me.
Questo spiegherebbe le molte lettere scritte a Ophélia, nell’ottobre del 1920, per convincerla a lasciarmi.
E infine in controluce alla finestra, di spalle, potete ammirare Alberto Caeiro.
La prima volta che è venuto a trovarmi era l’8 marzo 1914 e io camminavo irrequieto per casa, inseguendo un’idea confusa. Poi all’improvviso, come folgorato, mi sono messo a scrivere, in piedi, appoggiato al comò alto, di fianco alla finestra, e ho scritto trenta poesie. Alberto Caerio me le ha dettate una dopo l’altra con una furia che mi sono slogato il polso per stargli dietro. Ho fatto appena in tempo a dirgli: Grazie maestro! Che era già sparito dietro alla porta d’ingresso. È morto nel 1915.
Come? Ah volete sapere qualcosa di me?
Vediamo… Potrei dirvi che sono appassionato di astrologia e ho disegnato almeno trecento carte astrologiche, anche quella di Shakespeare e Napoleone. Sono del segno dei gemelli. Mi piace il vino rosso. Ho la fobia dei temporali. Non sono mai stato innamorato, nemmeno di Ophélia per quel breve periodo che ci siamo frequentati. Il mio colore preferito è l’azzurro.
Mi sono autodiagnosticato un’isteria-nevrastenica.
Mi piacciono le limonate con molto zucchero. Fumo la pipa.
Mi piace guardare la casa di fronte, le persone che ci vivono sembrano felici.
Sono l’uomo che cammina sotto alla luna in una piccola incisione di una stanza dove ho dormito da piccolo. Sono un commesso viaggiatore. Sono un bambino di cinque anni che gioca per ore con l’alfiere e il cavallo degli scacchi. Sono un monarchico. Credo nella velocità e nelle automobili. Sono il Re del Sudafrica, sono un contadino morto di tubercolosi.
Non ci capite niente, vi vedo, sembro un pazzo che sogna ad alta voce e ha smarrito la distinzione fra verità e finzione. Un pazzo abitato da 46 persone. O forse 106.
Sì, perché non ci sono solo Ricardo, Alvaro e Alberto. Sono in tanti, a volte mi assomigliano. A volte sono il mio opposto. Di solito vengono uno alla volta, si presentano all’improvviso, senza che io possa prevederlo.
Questo per voi è pazzia? O la vera pazzia non è piuttosto quella che ci fa essere coerenti a unico Io, il quale è l’incancrenirsi sterile dell’abitudine?
Credete nel destino? Il mio cognome significa persona, la maschera di legno portata in scena dagli attori dell’antica Grecia. Alla nascita la mia vita era già segnata.
Se volete sapere chi sono, chi si nasconde dietro alle 106 maschere, venite a vedere la mia tomba. È nei giardini del Monastero dos Jerónimos, un po’ nascosta, protetta da una cappella per evitare che le piogge scroscianti mi arrivino in testa. Ho paura dei temporali, ve l’ho già detto?
Fernando Pessoa (Lisbona 1888 – ivi 1935)
Poeta e critico portoghese, Fernando António Nogueira Pessoa nasce a Lisbona il giorno 13 giugno 1888. La madre si unisce in seconde nozze nel 1895 con il comandante Joào Miguel Rosa, console portoghese a Durban: Fernando trascorre così la giovinezza in Sudafrica, dove compie tutti gli studi fino all’esame d’ammissione all’Università di Città del Capo. Torna a Lisbona nel 1905 per iscriversi al corso di Filosofia della facoltà di Lettere: dopo una disastrosa avventura editoriale, trova lavoro come corrispondente di francese e inglese per varie aziende commerciali, impiego che manterrá senza obblighi di orario per tutta la vita.
Artefice principale del rinnovamento della letteratura portoghese nel 20° secolo, anticipò molte delle novità letterarie europee. La validità della sua lirica, riconosciuta tardi a causa delle scarse pubblicazioni mentre l’autore era in vita, ne fa un poeta di valori universali.
Una delle spiegazioni più eloquente di cosa siano gli eteronimi del poeta si trova sulla sua tomba nel Monastero dos Jerónimos di Belém, a Lisbona. È una stele addossata al muro, sulle cui tre facce visibili sono incisi i versi di tre poesie, attribuita ciascuna a un autore diverso: Alberto Caeiro, Ricardo Réis, Alvaro de Campos. Sono i tre principali eteronimi di Pessoa. Solo più in basso sulla faccia centrale è apposto con carattere più grande l’ortonimo: Fernando Pessoa, nato nel 1888, morto nel 1935.
Categoria: L'editoriale
Questo articolo è stato scritto da Federico Basile
2 commenti
Bello. Molto interessante come è stato presentato.👏👏👏
Grazie Grazia!