Alfonsina, Pestifera #08
Pronto, mamma mi senti? C’è lì anche il babbo di fianco a te?
Lo sapete che oggi mi hanno dedicato una via a Milano?
A me, alla Fonsina.
La seconda dei vostri dieci figli, quella matta che non ne voleva sapere di stare a marcire nella campagna, che non voleva fare la fame ricamando le lenzuola per i ricchi, quella con la testa dura e le gambe forti, che voleva correre in bici a tutti i costi.
Sono stata per tutta la vita una vergogna per voi, lo so: vai a messa, scendi da quella bici, mi urlavate in continuazione. E le botte che mi avete dato per provare a raddrizzarmi.
Ma io la testa dura ce l’avevo per davvero e me ne sono andata a Milano e nel 1924 ho corso il giro d’Italia con gli uomini.
L’assessore, venuto a inaugurare la via con la fascia tricolore, ha detto che sono stata la paladina dei diritti delle donne, la promotrice della parificazione degli sport maschili e femminili.
Paladina… Promotrice… non avrà esagerato?
Certo, non volevo fare la tua fine mamma, non offenderti, ma vederti fare quella vita di miseria, di fame e di stenti…
Ero forte, ho avuto in dono un corpo potente e volevo dimostrare che le donne sanno stare in bicicletta come gli uomini, che sono toste, che possono vincere. Ma mi tremavano le gambe quando mi insultavano per strada perché pedalavo coi pantaloncini corti.
Insomma non so se avevo poi tutto questo coraggio, forse le paladine devono essere più coraggiose di come ero io.
Ero testarda, quello sì, il babbo certe volte mi dava di quelle cinghiate per piegarmi, ma non c’era niente da fare, volevo fare di testa mia: correre, essere una corridora, sfidare tutti a chi arrivava prima, come facevo da piccola sulle strade di Fossamarcia.
Io volevo sentire il vento forte e pulito che mi portava via gli odori dei vestiti vecchi che avevo addosso, del letame nei campi, del cavolo che bolliva tutti i giorni in cucina.
E pestavo sui pedali, pestavo proprio come una matta.
Pronto mamma, babbo, siete lì? Avete capito bene? Una via!
Una via, una via per vostra figlia.
Una via come per Carducci, come per Garibaldi.
Sì certo, potreste avere da dire che è una via chiusa, in periferia, dove forse la sera succedono cose non tanto belle, una via che per trent’anni non è stata riconosciuta nemmeno come via, non aveva un nome, era la via senza nome, una via ai confini della città… Ma è una via che mi assomiglia, anch’io sono nata sfortunata e poi ho cambiato il mio destino.
E pensare che il prete di Castenaso mi chiamava il diavolo in gonnella, vi ricordate?
Pronto mamma, pronto babbo? Ci siete?
Adesso ve l’ho dimostrato che avevo ragione io, no? Che il mio destino l’ho cambiato eccome.
La prossima volta che ci vedremo potrete finalmente guardarmi con orgoglio, non come quella volta, quando ho fatto tappa a Bologna col giro d’Italia.
Io ero già diventata una celebrità e tutti mi aspettavano all’arrivo per farmi i complimenti e chiedermi gli autografi. Il Re addirittura, la sera prima, mi aveva fatto recapitare delle rose rosse con un biglietto con scritto: Alla Valorosissima Alfonsina.
Voi siete venuti all’arrivo e stavate in disparte, imbarazzati, impacciati, coi vestiti buoni e con lo sguardo sfuggente, vi ricordate?
Mi avete dato due baci sulle guance come si fa coi parenti alla lontana, tu mamma hai anche detto brava ma ti è uscita una voce strozzata e io lo so che avresti voluto dirmi: cosa ci fai qui? Scendi da quella bici e vai a messa.
Ho fatto bene a non scendere dalla bici, ho fatto bene a non ascoltare nessuno, io e la mia testa dura abbiamo girato tutta l’Europa, ho anche conosciuto lo Zar che mi ha regalato un diadema come quello delle principesse.
E mi sono esibita nei più grandi circhi, rischiando la vita ogni sera sul cerchio della morte.
Ma non sono mai morta e adesso mi hanno anche dedicato una via.
Poi sono tornata a Milano, vi ricordate? Ho aperto il negozio in via Varesina e insegnavo ai giovani a riparare le camere d’aria, tutte quelle ore a ricamare a qualcosa sono servite, alla fine.
Che poi proprio davanti al mio negozio una sera cercando di mettere in moto la Guzzi…
Vabbè, vabbè dai, non stiamo a parlare delle cose tristi, che oggi è un giorno di festa!
Vedeste che meraviglia: il mio nome inciso in maiuscolo sulla targa, con le lettere belle distanziate, e sotto scritto CORRIDORA. Proprio come mi facevo chiamare io quando nelle gare degli uomini mi chiedevano, come se fossi un marziano: e tu cosa saresti?
Poi la corridora li lasciava indietro con tre pedalate e allora non facevano più tanto gli sbruffoni.
Vi ricordate di quella volta che ho vinto un maiale?
Una paladina valorosa, dovevate sentirlo l’assessore.
Pronto mamma, pronto babbo mi sentite?
Pronto, ci siete?
Pronto? Pronto?
Alfonsina Strada
Alfonsina Morini nasce a Castelfranco Emilia il 16 marzo 1891 da una coppia di braccianti analfabeti. Seconda di dieci figli. Fin da ragazzina si appassiona al ciclismo e partecipa a numerose competizioni locali, rubando la bicicletta del padre.
Continuamente osteggiata dalla famiglia per la sua passione, a 24 anni, nel 1915, sposa Luigi Strada, cesellatore, che, anziché farle mettere la testa a posto come aveva sperato la famiglia, le regala, il giorno delle nozze, una bicicletta da corsa nuova.
L’anno successivo i due si trasferiscono a Milano, dove Alfonsina comincia ad allenarsi con serietà.
Luigi è il suo più grande sostenitore, la segue negli allenamenti e la incoraggia. Nel 1924 partecipa, prima donna in assoluto, al Giro d’Italia.
Dei novanta ciclisti partiti da Milano solo in trenta completano la corsa, fra questi c’è Alfonsina.
Negli anni successivi, sfruttando la propria fama, partecipa a diversi spettacoli di varietà, sia in Italia che in Europa. Viene anche chiamata dai più importanti circhi per esibirsi in gare di velocità sui rulli e pedalare sul cerchio della morte.
Negli anni Cinquanta apre a Milano in via Valassina un negozio di biciclette con annessa officina.
Muore il 13 settembre del 1959, all’età di 68 anni, davanti al negozio mentre cerca di mettere in moto la sua moto Guzzi 500.
Categoria: L'editoriale
Questo articolo è stato scritto da Federico
2 commenti
Grazie, Mi sono commossa…, non lo nego, nel leggere. Allora ho sentito il bisogno di ri-leggere di Alfonsina ad alta voce ad un amico sotto l’ombrello, che non sapeva come me, chi fosse Alfonsina! Ed è stato ancor più bello. Andrò poi a cercare la sua strada a Milano, la penserò spesso, e parlerò di lei alle amiche.Con gratitudine per questo memoria riscoperta. Anna
Grazie Anna, Alfonsina ha una storia potente che mi accompagna da tanti anni. Sono felice che adesso faccia compagnia anche a te e al tuo amico che ha ascoltato la sua storia sotto il tuo ombrello. Un abbraccio