La Peste è un pomeriggio vuoto

Se penso a quanto vuoto abbiamo tollerato noi cresciuti senza cellulari, senza mail, senza internet, senza Netflix, insomma noi immigrati digitali.
I pomeriggi, sì i lunghissimi pomeriggi estivi tanto per cominciare, a guardare la polvere che brillava nella luce che entrava dalla finestra, che ora mi sembra la roba più romantica del mondo ma che allora mi sarei sparata; le attese: del treno, del tram, dell’amica che non si capiva dove fosse finita e non c’era modo di contattarla, della puntata una volta alla settimana di quell’unica serie tv che veniva trasmessa; lo stomaco vuoto perché si mangia solo a tavola e non si fanno spuntini che poi non hai più fame; l’attesa di settimane, tipo nel medioevo, di risposta a una lettera, a una cartolina, ma poi l’avrà ricevuta? Non vorrà rispondere? La sua lettera si sarà persa? La sua cartolina l’avrà tenuta il postino? E poi i mille squilli prima di arrendersi che no, non è in casa.
Ma erano vuoti molto pieni, come i buchi neri che in realtà sono pieni di materia, erano vuoti che chiedevano, reclamavano, bramavano, prefiguravano. Poi ci sono stati anche pieni molto vuoti e vuoti molto vuoti. Ma, per quanto vuoti potessero essere i vuoti, mai nulla a confronto col Grande Vuoto!
Se cercate il Grande Vuoto o il Grande Nulla, scoprirete che è una grande bolla senza materia, una voragine al centro dell’universo, diecimila miliardi di miliardi di chilometri senza stelle o gas, uno spazio vuoto che può contenere 10 mila volte la Via Lattea, la nostra galassia.
Greg Rudnick stava lavorando con i radiotelescopi del Very Large Array, in grado di captare ogni minimo segnale radio dal cosmo. “Ma quella mattina non succedeva nulla di particolare e così decisi di puntarle verso la macchia fredda individuata dalla sonda Wmap nel 2003”.
Insomma, Rudnick ha scoperto il Grande Vuoto perché quel giorno non succedeva niente, perché si annoiava, come alla fermata del tram, e quel pomeriggio vuoto all’osservatorio di Socorro in New Mexico all’improvviso è diventato così piccolo e insignificante di fronte al Grande Vuoto. E poi negli anni il Grande vuoto è diventato piccolo e insignificante di fronte al vuoto KBC, che a sua volta è diventato piccolo e insignificante di fronte al Super vuoto di Eridano, che a sua volta è diventato piccolo e insignificante di fronte al Vuoto del Bootes. Vuoti sempre più grandi, Vuoti sempre più vuoti.
Così se mi capita di essere alla fermata del tram, col cellulare scarico in preda a un attacco di horror vacui, io penso al Grande Vuoto, al Grande Nulla, a Rudnick in New Mexico quel pomeriggio là, e improvvisamente la mia attesa di cinque minuti diventa piccola, diventa assolutamente insignificante. Un piccolo buco nero pieno di polvere, niente di che.

© Linda Ronzoni

 

Questo articolo è stato scritto da Federico

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